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Migrare verso la Fortezza Europa mentre il mondo è in fiamme

La cattiva coscienza dell'Occidente e i paradossi di un inconfessabile bisogno.


di Alessandro Vestrelli



Ellekappa, su La Repubblica del 20 settembre, con una delle sue fulminanti vignette fotografa la situazione… La prima donna, con il giornale aperto sulle ginocchia, informa: i migranti fuggono da fame, lager e torture…La seconda, con la sigaretta tra il pollice e l’indice, risponde con disincantata, ironica ferocia: poi però arrivano qui e li facciamo sentire a casa loro.

C’è stato un revival delle guerre, ben oltre quella in Ucraina, l’unica quotidianamente sotto i riflettori. Sulla maggior parte di esse si è spenta l’attenzione o non si è mai accesa: ad esempio sulle migliaia di morti in Sudan, i quasi tre milioni di rifugiati interni e l’oltre un milione di profughi all’estero … !!

L’autorevole Human Rights Watch ci consegna dati preoccupanti sugli intensificati respingimenti dei profughi che stanno trasformando in uno dei più grandi cimiteri del mondo la zona intorno a Gouro, al confine tra Ciad, Sudan e Libia, drammaticamente segnata da miseria, insicurezza, violenza, crisi climatiche. Push factors che ingrossano il numero di coloro che bussano alle porte di un Nord del Mondo sempre più arroccato.

Si potrebbe chiamare “sindrome della Fortezza Bastiani” chiosa, su Avvenire del 19 settembre scorso, Lucia Capuzzi: quella del tenente Giovanni Drogo, creato dalla penna di Dino Buzzati, che, chiuso nella cittadella militare, trascorre l’intera esistenza nell’attesa di nemici immaginari, senza più riuscire a “tornare nel mondo”. O, citando il Trono di spade, “la sindrome del Castello nero e della Barriera di ghiaccio”, quando i bellicosi “Sette Regni” sperano, invano, con quest’ultima, di mettersi al riparo “dagli estranei”, alias i mostri…

Papa Francesco a Marsiglia ci ha invitato a evitare gli allarmismi sul numero di coloro che arrivano e ad occuparci dei migranti senza cinismo. Non proprio quello che sta prevalendo nel dibattito pubblico governativo, il quale spinge incessantemente sui tasti allarme/sicurezza e punta alla moltiplicazione dei centri per il rimpatrio (almeno uno in ogni regione) nei quali, “grazie” al decreto Cutro dello scorso marzo, in alcuni casi si pensa di “imprigionare” anche i neo sbarcati richiedenti asilo che, in passato, venivano immessi nel sistema di accoglienza in attesa dell’iter di esame della domanda. Un recente decreto, a firma di tre ministri, fissa in 4.938 euro il prezzo della libertà.

Tale fideiussione bancaria o assicurativa dovrà essere versata dal migrante proveniente da un Paese sicuro che non voglia finire in un Cpr (Centri di permanenza per i rimpatri). Come non bastasse sapere che i viaggi dei migranti sono già pieni di insidie e pericoli e, ad ogni tappa, non mancano uno o più taglieggiatori che chiedono loro soldi per non essere imprigionati, lasciati a piedi nel deserto e poter proseguire con mezzi di fortuna …!!



Un decreto cinico, in quanto è impossibile che un immigrato che scappa dalla povertà riesca a reperire quella somma e inapplicabile se consideriamo che la stipula di una fideiussione è prevista dalla norma solo per coloro che siano privi di un passaporto o altro documento equipollente, ma che per effettuare tale adempimento l’immigrato deve essere in possesso di un documento di identità validità: quindi al danno della paventata reclusione si aggiunge la beffa…!!

Da sottolineare in proposito il tempestivo intervento della magistrata Iolanda Apostolico del Tribunale di Catania, volto a far rispettare la prevalente normativa europea con il quale è stato dichiarato, con solide motivazioni giuridiche, illegittimo il trattenimento in un Cpr di alcuni richiedenti asilo tunisini. Una sentenza definita “incredibile” dal Governo in carica, il quale, anziché commemorare i morti a Lampedusa nel decennale di una delle più grandi stragi di migranti nel Mediterraneo, ha reagito rabbiosamente con minacce ed un violento attacco alla Magistratura, ponendo, di conseguenza , nel mirino anche lo Stato di diritto!

Crescenti preoccupazioni relative alla costruzione di nuovi Cpr, soprattutto se utilizzati in violazione delle norme europee e costituzionali, accomunano amministrazioni regionali di diverso orientamento politico e la maggioranza dei comuni umbri di cui si vocifera il coinvolgimento quali possibili location di queste tristi strutture simil carcerarie è attraversata da fermenti di protesta.

Le norme del Decreto sicurezza del 27 settembre u.s. appaiono, inoltre, discriminatorie ed in contrasto con la tutela dei diritti dei minorenni sanciti da Convenzioni internazionali.

Un’altra strategia che potremmo definire del naufragio dei diritti, spesso pure inefficace, è quella volta a ostacolare i migranti nella prosecuzione del loro viaggio verso un paese diverso da quello in cui si trovano provvisoriamente e che non può e non vuole offrire loro una protezione adeguata.

A Paesi dittatoriali o insicuri, come la Tunisia e la Libia, si chiede, in cambio di denaro, di bloccare le partenze e di effettuare respingimenti, senza preoccuparsi del fatto che, in essi, persone in transito, ivi compresi donne e bambini, sono state imprigionate in lager, sottoposte a trattamenti inumani o degradanti o “riaccompagnate” oltre frontiera e lasciate nel deserto senza protezione alcuna. Molte di esse sono morte per maltrattamenti e torture o di sete, fame e malattie… Dato che, in alcuni casi, respingimenti direttamente effettuati da Paesi europei, sono stati, poi, sanzionati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, quale miglior soluzione di delegare il lavoro sporco a Stati terzi sottratti alla sua giurisdizione?

Con il rischio, però, di diventare ostaggi dei dittatori cui ci si è rivolti, i quali possono sempre pretendere una erogazione di denaro senza condizioni ed alzare la posta minacciando di riaprire il rubinetto delle partenze… Cosa puntualmente accaduta con l’afflusso straordinario di queste ultime settimane a Lampedusa. Per fortuna esistono ancora coraggiosi giornalisti investigativi come Nello Scavo, da anni sotto scorta per le sue rivelazioni sul coinvolgimento nella tratta di esseri umani della Guardia costiera libica, ampiamente supportata e finanziata dall’Italia. Proprio lui ha rilanciato, su Avvenire dello scorso 1 ottobre, il circostanziato e corposo rapporto di esperti del Consiglio di sicurezza ONU che toglie il velo a connivenze, profitti, orrori perpetrati in Libia e nel Mediterraneo sulla pelle dei migranti.

E’ comunque in atto, anche dentro i confini europei, una messa in discussione del diritto di asilo nella sua configurazione giuridica attuale, sviluppatasi a partire dal secondo dopoguerra, quale diritto fondamentale della persona che gli Stati sono chiamati a riconoscere e tutelare in ogni circostanza e senza eccezioni di sorta.

Un altro fronte in ebollizione è quello delle amministrazioni locali alle prese con la sfida della ospitalità di crescenti contingenti di richiedenti asilo avendo a disposizione risorse sempre più scarse. A fine agosto si è fatto sentire il Sindaco di Fratta Todina, un comune umbro di 1800 abitanti che sta accogliendo più di 100 migranti nel CAS (Centro di accoglienza straordinaria) ivi posizionato. Gianluca Coata ha chiesto al Prefetto di avviare un percorso condiviso con tutti i comuni volto ad evitare il sovraffollamento di poche mega strutture. Appare evidente che servirebbe più accoglienza diffusa in molte realtà locali, un modello virtuoso che ha costituito, per molto tempo, un fiore all’occhiello della nostra regione, ciò però si scontra con quello che è accaduto in questi ultimi cinque anni …

A partire dall’ottobre 2018, quando viene approvato dal Governo Gialloverde il cd Decreto sicurezza e, invece di riorganizzare il sistema per aumentare la trasparenza e ridurre lo spazio per abusi e mala gestione, si decide che l’importante sarà spendere meno. Senza curarsi minimamente del fatto che questo potrà comportare la riduzione, se non la cancellazione, dei più basilari servizi di integrazione.

Con la successiva approvazione di uno schema di capitolato si concretizzano tagli consistenti delle quote pro die/pro capite, destinati a gravare, però, maggiormente, proprio sui centri di accoglienza più piccoli nei quali risulta impossibile compensare la riduzione degli importi tramite economie di scala. Risultato: già dai primi mesi del 2019 molte gare, effettuate secondo i criteri del massimo ribasso, risultano deserte e si perde l’apporto dei protagonisti dei percorsi di integrazione più virtuosi : associazioni, piccole cooperative ed organizzazioni no profit.

Resistono solo multinazionali e grandi cooperative che, vedi Giuliano Foschini su La Repubblica del 20 settembre 2023, oggi gioiscono davanti alla prospettiva degli appalti per la gestione delle nuove strutture di detenzione amministrativa la cui costruzione è stata affidata alla Difesa.



Se prestiamo attenzione al sistema di accoglienza nella sua organicità e complessità possiamo capire perché le risorse destinate all’accoglienza dovrebbero essere considerate un investimento e non un costo... Più efficace è il sistema di accoglienza e prima gli ospiti possono integrarsi e diventare una risorsa per il paese.

Il ciclico riemergere di atteggiamenti di matrice xenofoba e discorsi d’odio, la politica che specula sulla presunta invasione e sostituzione etnica si scontrano, nel paese degli over 65, dei neet e delle culle vuote, con il fatto che il nostro mercato del lavoro ha bisogno di lavoratori immigrati per colmare un gap strutturale che, ormai, ci imporrebbe digestire i flussi in maniera organica e sistemica.

I nostri imprenditori hanno fatto presente che non si trovano quattro lavoratori su dieci e 5,5 lavoratori su 10 per le mansioni meno qualificate (coperte soprattutto da stranieri).

Bankitalia dice che per attuare il Pnrr servono 375.000 nuovi occupati e, quindi, servono anche più immigrati, Fillea Cgil ha rilanciato sottolineando il bisogno di tali lavoratori nel comparto delle costruzioni. Oggi un gran numero di imprese non vede affatto gli stranieri come una minaccia, ma come una risorsa per il fabbisogno di manodopera.

Nel luglio scorso quegli stessi partiti che oggi scelgono, a parole, la linea dura sui migranti, hanno firmato un “ Decreto flussi” che ha raddoppiato le quote di cittadini extracomunitari che potranno entrare in Italia nei prossimi tre anni, ammettendo che ne servirebbero altri 400 mila in più per soddisfare le richieste dei datori di lavoro. Con i Decreti flussi i datori di lavoro dovrebbero contattare, direttamente, sconosciuti potenziali candidati nei lontani paesi di origine, ma, in non pochi casi, essi vengono utilizzati per far emergere dall’irregolarità persone già presenti in Italia …

Dato che il numero d’ingressi previsto dall’ultimo decreto flussi è risultato ampiamente insufficiente, perché non dare l’opportunità di lavorare alle più di centomila persone già sbarcate nel nostro paese? E qui entra in scena una parola che in passato non è stata tabù: sanatoria .

A partire dagli anni ’80 ci sono state diverse sanatorie in Italia, ma esse sono state un fenomeno anche europeo. In particolare ad ogni legge sull'immigrazione è seguita una regolarizzazione , è accaduto nel 1986, nel 1990, nel 1995, nel 1998 e anche nel 2002 con la Legge Bossi Fini e poi nel 2006 e nel 2009.

La più grande sanatoria la fece nel 2002/2003 il secondo Governo Berlusconi in carico fin dall’inizio della quattordicesima legislatura. Mantenere nell’illegalità centinaia di migliaia di immigrati ottiene l’effetto perverso di spingerli nelle mani del lavoro nero e della criminalità organizzata, quindi perché non offrire loro la possibilità di regolarizzarsi anche in questo preciso momento storico? Ciò non significa rinunciare al contrasto delle reti criminali dei trafficanti di uomini né alla consapevolezza della necessità di aumentare le vie legali e sicure di ingresso in Europa, alternative a quelle illegali e letali.

È evidente, infine, come un tema così complesso ed epocale quale è l’immigrazione non possa e non debba che essere affrontato, senza isterie strumentalizzazioni e con sguardo proiettato al futuro, insieme all’Unione Europea, a partire dalla revisione del Trattato di Dublino, icasticamente definito dal Presidente della Repubblica Mattarella: preistoria. Ma quello del perdurare di un’Europa disunita e segnata dagli arroccamenti ed egoismi dei suoi stati membri, a partire da quelli sovranisti, è un altro tema di enorme rilevanza che necessita di un cambiamento di rotta e di una conseguente assunzione di responsabilità collettiva senza i quali ogni sforzo potrebbe risultare vano.


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