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L'Umbria ha bisogno di Ri-Generazione





Di seguito riportiamo l'articolo di particolare interesse di Mario Bravi* pubblicato il 27/11/2023 per il Corriere dell'Umbria.



La mia regione, l’Umbria, ha bisogno drammatico e urgente di ri-generazione.

Lo dimostrano i dati di una china discendente inarrestabile che abbiamo, nostro malgrado, iniziato da circa 20 anni.

China che non si è interrotta e che continua a produrre i suoi effetti nefasti.

Il recentissimo rapporto di Banca D’Italia che parla di stagnazione prossima e futura, dimostra la fallacia dell’ottimismo su cui era adagiata la Giunta Tesei.

I dati del 2022 e del 2021 erano solo un effetto del rimbalzo dopo i precedenti crolli.

Una china che non ha un pavimento, se non costruiamo un progetto alternativo.

Nel 2000 il PIL pro capite dell’Umbria era in linea con il PIL pro capite nazionale, con qualche decimale addirittura migliore.

Eravamo nell’immaginario collettivo nazionale, “il cuore verde dell’Italia”.

Ora forse lo siamo, purtroppo, solo per il risultato delle ultime elezioni regionali.

Perché tutto questo?

L’attuale crisi strutturale dell’Umbria, è il risultato di 3 fattori che si sommano e si sovrappongono tra loro:

1 - La crisi industriale dell’apparato produttivo, che non è assolutamente conclusa, basta pensare alle attuali vicende dell’Ast, dell’Antonio Merloni e per non parlare poi del dimezzamento degli addetti del nostro comparto edilizia, un settore quest’ultimo che ha visto nei 2 ultimi anni una ripresa grazie soprattutto al “Superbonus” ma che ora ripiomba in una situazione difficile, come anche qui ha opportunamente sottolineato Bankitalia.

Nella nostra regione, la crisi si è manifestata in maniera vorace e distruttiva, nonostante il fatto che i salari sono dell’8% più bassi della media nazionale.

Questa è l’ulteriore dimostrazione che le teorie neo liberiste non solo sono inique, ma sono anche inefficaci.

Questo spiega con nettezza la positiva riuscita dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil il 17 Novembre e la piazza eloquentemente piena a Perugia.

Il fatto che la crisi industriale nella nostra regione, sia tutt’ora in atto, è dimostrato inoltre da due fattori: la CIGS straordinaria è aumentata in un anno del 40% (più del doppio della media nazionale) e le esportazioni, che nonostante la crisi, avevano avuto sempre  un trend positivo negli ultimi anni, hanno visto una riduzione del 6%.


2 - La crisi sociale. L’Umbria anche grazie al ruolo svolto nel passato dalla sinistra politica e sociale, ha avuto, fino a qualche anno fa un indice di disuguaglianza (GINI) inferiore alla media nazionale.

Ora dal 2017, la povertà è raddoppiata e il welfare umbro è completamente divelto.

La nuova Giunta di centrodestra, con l’assessore regionale proveniente dal Veneto, sta infatti cercando di portare avanti un progetto di privatizzazione del sistema sanitario umbro.


3 – La crisi demografica. L’Umbria perde abitanti più della media nazionale.

Solo Perugia è la realtà immediatamente circostante ha un andamento moderatamente positivo.

In molti comuni della fascia appenninica gli ultra ottantenni sono in numero superiore ai ragazzi e hai bambini da 0 a 15 anni.

Questo ci fa dire, tenendo conto anche del fatto che, i residenti reali in molti comuni, sono in numero inferiore a quelli iscritti nelle anagrafi comunali, che la bomba demografica ancora non è esplosa.

Mantenendo questa tendenza, produrrà i suoi effetti nei prossimi anni, con intere aree dell’Umbria che rischiano lo spopolamento (approfondisci qui e qui).

Sappiamo che un territorio che perde abitanti, allontana da se investimenti e potenzialità, iscrivendo nel suo DNA la parola definitiva del declino.

Come ha sottolineato nel suo ultimo rapporto lo SVIMEZ, l’Umbria, insieme alla Marche, si è candidata al processo di allargamento della meridionalizzazione del paese.

E la stessa Umbria nella sua interezza, con l’eccezione di Perugia, rischia di non essere solo com’è oggi, una realtà con 5 zone interne, ma diventare essa stessa un’unica zona interna.

Che fare ?

In questo contesto per l’Umbria, per rigenerare lo sviluppo, serve la consapevolezza che il territorio costituisce un punto di forza.

Un territorio il nostro a bassa antropizzazione.

Infatti siamo la regione del centro Italia e del cratere sisma, a più bassa antropizzazione.

Lo dicono i dati: Marche 161 abitanti/kmq – Abruzzo 120 abitanti/kmq – Toscana 162 abitanti/kmq - Lazio 340 abitanti/kmq e Umbria 103 abitanti/kmq.


Nel progetto che dobbiamo costruire, occorre trasformare quello che è un punto di debolezza in un punto di forza.

Un punto di forza commisurato alla densità e alla ricchezza dei centri storici e dei beni artistici e monumentali.

Non trascurando assolutamente l’ambiente nella logica del “Green New Deal”.

E su questo, rimarcando l’esigenza di raccogliere la sfida positiva rappresentata dal movimento di Greta Thumberg, dobbiamo mettere a valore la densità di alberi che ci caratterizza a pari merito con l’Emilia Romagna, come la regione più alberata d’Italia con 1815 alberi per ettaro.

In questo quadro intendiamo collocare un progetto, valorizzando un’altra presenza importante nella nostra regione, che è quella degli usi civici, che caratterizzano gran parte del nostro paesaggio collinare e montano.

Inoltre, in un momento del quale c’è una grande discussione sul rapporto tra stato e mercato, ridare un ruolo nuovo, non solo ai vecchi mestieri, ma anche alle forme di proprietà collettiva insite negli usi civici e nelle comunanze agrarie, è un punto fondamentale del progetto su cui dobbiamo impegnarci.

La scelta del progetto è necessaria.

L’obbiettivo che dobbiamo perseguire, è quello di dimostrare, che è concretamente possibile innescare dei processi in grado di invertire la tendenza alla marginalizzazione che ha caratterizzato i destini delle zone interne umbre e nello specifico della Valnerina.

Cambiare il punto di vista e considerare l’area appenninica interessata dagli eventi sismici, come un’opportunità, e non come un problema, impone tuttavia un deciso cambio di mentalità.

Le crisi possono infatti rappresentare un momento di ulteriore arretramento, ma al tempo stesso, offrire l’opportunità per invertire la tendenza all’abbandono, attivando un processo di "ri-generazione" di un territorio al tempo stesso bello e fragile.

Questa è la sfida da perseguire.

La condizione è quella di ripartire dai luoghi.

Riteniamo necessario partire dal “capitale territoriale” sapendo valorizzare le risorse produttive interne al territorio, compreso il capitale sociale.

In questo senso consideriamo positiva l’esperienza iniziata a Campi (nel Comune di Norcia), che prevede forme di gestione della proprietà collettiva e altre forme di iniziativa di impresa.

L’esperienza di Campi, già precedentemente agli eventi Sismici del 2016, si distingueva per una discreta dinamicità e per una attenta capacità progettuale (approfondisci qui).

Tra l’altro va ricordato che il Comune di Norcia prima del 2016, aveva anche se lievemente, invertito la tendenza allo spopolamento.

Successivamente gli eventi sismici hanno dapprima frenato questa attività, poi per una voglia di rinascita e per un fervido attaccamento a queste terre l’hanno resa ancora più incisiva e forte.

Infine ritengo che la bella giornata del 17 Novembre e la riuscita dello sciopero, impongano alla nostra comunità regionale l’esigenza di tornare a discutere su un progetto che faccia uscire la nostra regione della crisi strutturale che da tempo ci attanaglia.



L'autore è membro del Comitato scientifico di Nuove Ri-Generazioni Umbria e già segretario generale della Cgil Umbria (2010-2015).


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