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Diritto al profitto: i risultati dell'indagine UdU sulle residenze universitarie


(Foto: Collettiva.it)

La recente indagine condotta dall'Unione degli Universitari (UDU) sulla situazione del diritto allo studio universitario in Italia, ha ripercorso l'aspetto economico e legislativo di allocazione delle risorse e evidenziato numerose criticità e i limiti presenti nel sistema. La legge 338/2000 ha rappresentato un passo importante, stabilendo le basi normative per finanziare e realizzare alloggi e residenze per gli studenti universitari attraverso un bando aperto a enti pubblici e soggetti privati no-profit.


Nonostante il successo dei bandi, la normativa ha mostrato alcune lacune. Prima del IV bando, il cofinanziamento massimo era del 50%, una percentuale che ha ridotto la partecipazione degli atenei con minor flessibilità di bilancio. Inoltre, la scarsa partecipazione delle Regioni e le tempistiche lunghe per l'emanazione delle graduatorie e la realizzazione delle residenze hanno rappresentato ulteriori ostacoli. Le risorse stanziate nei cinque bandi istituiti sono state limitate, non rispondendo adeguatamente alla domanda.


Come si legge nel documento, nonostante il picco numerico dei posti letto destinati al diritto allo studio realizzato nel 2018 pari a 43.136 alloggi, da allora in avanti, il numero si è andato drasticamente riducendo arrivando ai 40.069 del 2022.

La Legge 338/2000 ha portato ad oggi alla realizzazione di circa 15.000 posti, un numero che non è cresciuto di pari passo con il numero di posti per DSU. Questo perché diverse residenze pubbliche sono state chiuse a causa della mancanza di investimenti per la manutenzione.

A differenza di altri paesi europei che hanno fatto della residenzialità studentesca pubblica un punto di forza, come la Francia, l'Italia continua a fare scelte inadeguate in materia. Gli studenti fuori sede sono costretti spesso e volentieri a rivolgersi al mercato privato delle locazioni o alle residenze finanziate da fondi pubblici, ma cedute ai privati a prezzi poco accessibili.


Secondo un report della Cassa Depositi e Prestiti, attualmente ci sono circa 830.000 studenti universitari che studiano lontano dalla propria residenza, ma i posti letto in residenze pubbliche ammontano solo a 40.000, una cifra irrisoria che non soddisfa il fabbisogno. La distribuzione dei posti letto in Italia evidenzia la carenza strutturale su tutto il territorio nazionale rispetto al numero di iscritti negli atenei presenti nelle diverse regioni.


Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ha introdotto nuove misure per affrontare questa situazione. Il testo approvato il 13/07/2021 prevedeva uno stanziamento di 960 milioni di euro al fine di raggiungere oltre 100.000 posti letto entro il 2026. La riforma 1.7 del PNRR mira a incentivare la realizzazione di nuove strutture di edilizia universitaria da parte dei soggetti privati, con il supporto finanziario del Ministero dell'Università e della Ricerca (MUR) per i primi tre anni di gestione, evidenziando la necessaria realizzazione di posti letto ex-novo, ma senza tracciare indicazioni chiare riguardo alle modalità con cui il mercato dovrebbe favorire l'accesso agli alloggi.

Con il decreto-legge 144 del 2022 la seconda tranche da 660 milioni del PNRR viene riversata su nuovo Fondo per l’housing universitario: decisione su cui il report UdU ha evidenziato numerose criticità. In primo luogo, il coinvolgimento dei soggetti privati potrebbe comportare un aumento dei costi per gli studenti, rendendo le residenze meno accessibili dal punto di vista economico. In secondo luogo, vi è la preoccupazione che il coinvolgimento del settore privato possa compromettere la qualità delle strutture e dei servizi offerti, poiché potrebbero essere orientati principalmente al profitto anziché al benessere degli studenti.


Oltre alla questione delle residenze universitarie si aggiungono poi le problematiche legate alla mancanza di borse di studio adeguate che inficia sia l'accesso che la permanenza degli studenti universitari. Molti si trovano infatti, in condizioni economiche difficili e non riescono a sostenere i costi degli studi e dell'alloggio. Così come l' insufficienza dei servizi di tutorato e sostegno accademico influisce negativamente sul rendimento e sulla capacità di completare gli studi con successo.

Quello che gli studenti chiedono è di rimettere al centro il soggetto pubblico attraverso la sottoscrizione di una convenzione tra atenei ed enti per il diritto allo studio e un monitoraggio costante e trasparente dell'utilizzo delle risorse del PNRR.

È importante sottolineare che il diritto allo studio universitario non riguarda solo l'accesso, ma anche la qualità dell'istruzione e l'effettiva possibilità di completare il percorso di studi. È necessario quindi un impegno congiunto e fattivo da parte del Governo e degli enti coinvolti per garantire soluzioni adeguate e puntuali e per assicurare davvero un'istruzione universitaria equa e di qualità per tutt3.




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