Dieci miliardi di passi per la pace
- Nuove Ri-generazioni UMBRIA

- 16 dic
- Tempo di lettura: 7 min

Flavio Lotti racconta la Marcia PerugiAssisi: dalla formazione di giovani “artigiani di pace” alla partecipazione record alla Edizione 2025. La meglio società in cammino verso un nuovo impegno civile per la nonviolenza e contro la deriva bellica.
Intervista di Alessandro Vestrelli al Presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace.
In un mondo che ci appariva sempre più cinico e indifferente, l’indignazione morale è tornata a occupare lo spazio pubblico. Davanti allo sterminio a Gaza, all'occupazione e alla violenza dei coloni in Cisgiordania, alle guerre che insanguinano il pianeta, le piazze e le strade di ogni continente si sono riempite di persone non rassegnate al silenzio. Donne e uomini capaci di provare dolore per vite lontane, per bambini che non hanno volto né nome, per comunità che non appartengono “a noi " se non nel senso più vero: all’umanità.
Gli studenti, i lavoratori, gli insegnanti, i credenti di fedi diverse che marciano insieme per chiedere il “cessate il fuoco” e lo “stop al genocidio” stanno tracciando una linea rossa chiara: la vita umana non è negoziabile. Se manifestiamo uniti nel rifiuto di chiamare “legittima difesa” la distruzione sistematica di civili, di accettare la fame, l’assedio, le deportazioni come strumenti “necessari”… Vuol dire che sta emergendo con forza la consapevolezza che nessuna ragion di Stato, nessuna strategia militare, nessun calcolo geopolitico può giustificare l’annientamento di un popolo, di una città, di un’infanzia.
Milioni di persone stanno dicendo che non accetteranno che la violenza diventi il nuovo ordine mondiale e questo è un segnale potentissimo di vitalità etica.
La Marcia PerugiAssisi 2025 è stata preceduta dall’Assemblea dell’Onu dei Popoli e accompagnata da numerosi altri eventi. Dato che il 12 ottobre scorso ha visto la partecipazione più grande di sempre, può raccontarci, in estrema sintesi, i numeri, le persone, le associazioni, le istituzioni che hanno risposto all’appello, nonchè i risultati più significativi di questo esercizio collettivo di umanità?
«Una mia amica, che si è fatta quasi tutta la Marcia, ha detto di aver fatto 50.000 passi. Se li moltiplichiamo per le 200.000 persone che abbiamo stimato, possiamo dire che, tutti assieme, il 12 ottobre, abbiamo fatto 10 miliardi di passi per la pace. Questo è il primo risultato concreto della Marcia PerugiAssisi. I numeri sono straordinari: 195 scuole; 293 Comuni, Province e Regioni; 702 Associazioni. Ma nessun numero può riassumere il pieno di energie positive che abbiamo fatto quel giorno. Eravamo tantissimi. Abbastanza da sorprendere tutti. Ancora una volta. Tanta bella gente, felice di ritrovarsi, riconoscersi e rigenerarsi. Questo è il risultato più importante del lungo e faticoso lavoro che abbiamo fatto per organizzare la marcia e tutta la lunga serie di eventi collegati. Tra questi c’è l’Assemblea dell’Onu dei Popoli che è stata una splendida occasione per progettare la costruzione concreta di un mondo più giusto e pacifico all’insegna del motto “immagina tutte le persone vivere insieme in pace”. 130 personalità provenienti da 35 dei Paesi più travagliati del mondo. Non accadeva in Umbria dal 2007».

La numerosissima presenza di giovani alla marcia sembra aver premiato il vostro costante, e non facile, sforzo di convincerli a impegnarsi in prima persona. Dopo anni in cui venivano descritti come apatici, disinteressati, cinici, abbiamo visto crescere il numero di quelli che rifiutano di accettare la disumanizzazione come normalità, capaci di empatia, desiderosi di mettersi in gioco per degli ideali. Come ci siete riusciti e come pensate di continuare il cammino insieme a loro?
«L’ho detto più volte e non mi stanco di ripeterlo: il mondo ha bisogno di giovani artigiani earchitetti di pace. Energie nuove, positive, creative, capaci di resistere alla violenza e alla guerra dilagante.
Giovani impegnati a fare i conti con la realtà ma anche capaci di sognare e desiderare una vita migliore. Giovani competenti, preparati a lavorare con un futuro in rapido cambiamento. Giovani generativi, impegnati ad affrontare le sfide contemporanee con passione e creatività. Per formare artigiani e architetti di pace dobbiamo costruire un’alleanza con le giovani generazioni. Per affrontare tutte le grandi sfide che incombono abbiamo bisogno della loro energia, della loro creatività e del loro coraggio. Noi ci possiamo mettere un po' di conoscenze ed esperienze, ma non abbiamo alcuna possibilità di farcela senza di loro.
Per questo dobbiamo investire sui giovani.
Questo stiamo cercando di fare da molti anni, questo abbiamo fatto anche negli ultimi due anni e questo continueremo a fare, offrendo loro percorsi di alta formazione, tesi a dare loro la parola, a liberare le loro energie positive e intelligenze, a sviluppare la loro consapevolezza e immaginazione, ad accrescere la loro capacità di lavorare con il futuro senza paura, ad affrontare con creatività le sfide aperte e contribuire alla costruzione di un futuro più umano per tutti e tutte. Cerchiamo istituzioni disponibili a sostenere questi processi».
Il 12 ottobre scorso un numero enorme di persone, provenienti da generazioni, culture e percorsi diversi ha lanciato un messaggio chiaro e forte di dissenso ai potenti, politici e tecnici, responsabili o complici dei disastri cui assistiamo attoniti.
Come state lavorando per tradurre questa grande energia simbolica in ulteriori azioni, concrete e sostenibili?
«Non parlerei di “energia simbolica”. L’energia liberata con la Marcia PerugiAssisi e le iniziative collegate è estremamente concreta. Cambia le cose perché cambia le persone, genera nuovi processi e percorsi, espande la volontà e l’assunzione di responsabilità di persone e istituzioni. Il vero problema è una politica indecente che è complice della guerra e della regressione planetaria in corso. Il vero problema è l’assenza di una politica di pace.
Noi ci stiamo lavorando mobilitando i giovani, dialogando con le forze politiche e parlamentari disponibili. Quattro di queste sono venute alla Marcia, ma non basta. I governi europei, anziché lavorare per la pace, ci stanno trascinando in guerra. Già ci stanno dicendo che hanno bisogno di più soldati per andare a combattere in Ucraina.
Stanno trasformando l’Europa in una gigantesca fabbrica d’armi. Ci stanno impoverendo e vogliono alimentare la più impressionante corsa al riarmo della storia. Contro questa follia abbiamo bisogno di mobilitare ogni Comune e ogni frazione dell’Italia e dell’Europa. Con questo spirito stiamo organizzando il Giro d’Italia per la Pace. Ma c’è anche molto altro».


L’Umbria, ancora una volta, ha saputo essere ciò che la sua storia le chiede: una coscienza civile del Paese. Non spettatrice, ma protagonista; non neutrale, ma responsabile.
Cosa dovrebbe fare per crescere ulteriormente come cantiere di pace e sviluppare quella “vocazione all’accoglienza e alla fraternità che è parte della sua identità culturale” recentemente sottolineata dalla Presidente Stefania Proietti?
«L’Umbria è la terra di San Francesco d’Assisi e di Aldo Capitini, due persone che, insieme a San Benedetto da Norcia, Patrono d’Europa, fanno della nostra regione un luogo unico al mondo, capace di parlare al mondo.
Qui, da 64 anni, centinaia di migliaia di persone danno corpo alla Marcia PerugiAssisi. Ed è sempre qui che dal 1986 si coordinano le iniziative di pace di tantissimi Enti Locali, Regioni, scuole e associazioni. “La Regione - sta scritto nel secondo articolo dello Statuto della Regione Umbria - assume come valore fondamentale della propria identità, da trasmettere alle future generazioni, la cultura della pace, della nonviolenza e il rispetto dei diritti umani”. Tutto questo non può restare sulla carta. Devo, purtroppo, riconoscere che, accanto alla buona volontà di alcuni, permangono ancora tante divisioni che indeboliscono il movimento per la pace.
È urgente un salto di qualità, oppure saremo travolti dagli eventi peggiori. L’Umbria ha bisogno di pace, perché anche qui ci sono tante persone abbandonate che soffrono. E, allo stesso tempo, può e deve diventare capitale dell’impegno per la pace nel mondo. Ma ci deve essere un cambio ».

Le guerre non uccidono solo corpi ma anche le parole. Le svuotano, le capovolgono, le rendono strumenti di manipolazione. In questi mesi abbiamo visto definire “difesa” la vendetta, “sicurezza” la cancellazione di intere aree abitate, “danni collaterali” la morte di migliaia di bambini, “seguaci di Hamas” i pacifisti che manifestano…
Ho faticato assai a trovare un racconto della Marcia PerugiAssisi non folkloristico o superficiale; Tg nazionali (a parte il Tg3) le han riservato pochi secondi o l’han condannata all’oblio…
Una informazione obiettiva, completa e pluralistica resta un miraggio? Come possiamo difendere le nostre nobili battaglie dalla damnatio memoriae ?
«Chi, dopo essere venuto alla Marcia, si aspettava di trovare un riflesso del proprio sacrificio nelle prime pagine dei nostri quotidiani nazionali e delle televisioni è rimasto deluso. Le eccezioni ci sono state, ma poche. Ancora una volta, il sistema mediatico e gli apparati dominanti (e pezzi della cosiddetta opposizione e della cosiddetta Sinistra) hanno scelto di nascondere questo enorme movimento civile e pacifico di persone.
Chi non ha vissuto questa straordinaria esperienza non deve sapere. Potrebbe essere contagioso!
Non è la prima volta che accade, ma con quello che sta succedendo è più grave che mai.
Ed è indice della profondità della crisi della democrazia in cui siamo precipitati. La manipolazione dell’informazione è un problema altrettanto importante della corsa al riarmo. Informazione e guerra camminano insieme. Per questo chi vuole difendere quel po' di pace che ci resta deve assumersi la responsabilità di alzare la voce e investire sulla costruzione di una comunicazione di pace e nonviolenza».
La Fondazione PerugiAssisi ha recentemente pubblicato un bellissimo volume, da Lei curato, sulla lunga storia della Marcia nata nel 1961 su iniziativa di Aldo Capitini.
Perché un giovane aspirante pacifista dovrebbe correre ad acquistarlo?
«Perché in quelle pagine si trova la storia viva di un’Italia e di un mondo che ha resistito alla guerra e che ha cercato di costruire la pace il giorno prima della guerra. Centinaia di migliaia di persone che hanno creduto e difeso la dignità umana anche quando era scomodo farlo. In questo libro, una giovane o un giovane trova il racconto di un impegno civile per la pace che continua a chiamarci per nome, uno ad uno.
È la pace che si è fatta storia e che invita tutti a rigenerarla nutrendosi del coraggio e dell’esperienza di chi si è assunto la responsabilità di fare qualcosa per la pace, non per moda ma per necessità morale. Questo libro non chiede di essere “letto”: chiede di essere “raccolto” e trasformato in nuovo cammino. Il libro che ho scritto unisce molte generazioni e chi lo prenderà in mano diventerà parte di questa storia».





Commenti