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Povertà in Italia: un fenomeno sempre più cronico e sfaccettato secondo il nuovo report Caritas


Sono 277.775 le persone accompagnate nel 2024 dalla rete Caritas in Italia. Un dato che seppur parziale, riferibile cioè ai soli centri Caritas informatizzati, restituisce una realtà in crescita negli ultimi anni.

La povertà è in aumento e i dati del recente Report Statistico Nazionale inquadrano un fenomeno che cronicizza e si moltiplica nei suoi aspetti, andando ben oltre la sola deprivazione economica.

A colpire è il profilo sempre più fragile, frammentato e duraturo delle persone in difficoltà. Più di una su quattro (26,7%) è seguita da almeno cinque anni e oltre il 30% cumula tre o più ambiti di bisogno: povertà economica, difficoltà lavorative, disagio abitativo, problemi di salute o familiari.

Dal 2014 a oggi, il numero di persone seguite e accompagnate dai servizi Caritas è aumentato del 62,6%, con una crescita particolarmente marcata nelle regioni del Nord Italia (+77%) e, a seguire, nel Mezzogiorno (+64,7%). Un trend che riflette, almeno in parte, l’evoluzione della povertà assoluta registrata dall’Istat: nello stesso periodo, infatti, il numero di famiglie in condizione di povertà assoluta è cresciuto del 42,8%, a conferma di un fenomeno che si sta ampliando sia in termini numerici che territoriali.

In Umbria, i dati evidenziano un moderato, ma significativo aumento della domanda sociale.

I centri di ascolto attivi passano da 91 a 102 (+12%), mentre le persone assistite crescono da 6.259 a 7.132 (+14%). Il rapporto tra assistiti e centri si mantiene sostanzialmente stabile a conferma di una crescita costante della povertà anche a livello regionale.

Tra gli elementi più significativi emersi dai dati Caritas 2024, colpisce con particolare forza la crescita della fascia di popolazione che vive in condizione di povertà pur avendo un lavoro. I cosiddetti working poor , persone occupate ma con redditi troppo bassi, contratti precari o discontinui, rappresentano oggi il 23,5% degli assistiti, una quota che segnala un cambiamento strutturale nel modello italiano di povertà. Non si tratta più, o non solo, di persone escluse dal mercato del lavoro, ma sempre più spesso di lavoratrici e lavoratori che, nonostante l’impiego, non riescono a garantire a sé e alle proprie famiglie un’esistenza dignitosa.

Questa dinamica impone una riflessione profonda sul legame tra lavoro e vulnerabilità sociale, smentendo l’idea secondo cui l’occupazione, da sola, sia garanzia di emancipazione dalla povertà. Il dato è ancora più preoccupante se messo in relazione al 47,9% di persone disoccupate tra gli assistiti, e a un mercato del lavoro in cui si perpetuano diseguaglianze, instabilità e bassi salari.

In questo quadro si inserisce anche la crescente fragilità delle fasce anziane: gli over 65 rappresentano il 14,3% del totale degli utenti Caritas, percentuale che sale al 24,3% tra gli italiani. Un indicatore chiaro dell’impoverimento progressivo di una parte della popolazione anziana, spesso sola, con pensioni insufficienti e crescenti bisogni sanitari.

Il disagio abitativo, che coinvolge il 21,3% degli assistiti, insieme alle difficoltà di accesso alle cure, con il 14,6% affetto da patologie croniche o gravi e numerosi casi di rinuncia alle cure per ragioni economiche o burocratiche sono elementi che contribuiscono a delineare un quadro di crescente vulnerabilità.

In questo scenario, il lavoro non rappresenta più un argine efficace contro la povertà. Occorre allora ridefinire le priorità: garantire occupazione sì, ma anche qualità e sicurezza del lavoro, potenziare i servizi pubblici e costruire un sistema di protezione capace di intercettare le nuove vulnerabilità che attraversano anche chi un impiego ce l’ha.


Per la Redazione - Chiara Maria Sole Bravi

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