di Diego Zurli
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I correttivi apportati alla complessa normativa della ricostruzione. Occorre dare atto al Commissario Legnini di aver imboccato la strada giusta che potrà sbloccare in parte la situazione di stallo in cui oggi si trova la ricostruzione.
È stata una scelta opportuna e anche coraggiosa (che forse si poteva tentare anche prima) a cui si legano le numerose novità del decreto-legge “semplificazioni” appena convertito sia per quanto riguarda l'edilizia privata che quella pubblica. Io sono convinto che funzionerà: non so se da qui a un anno partiranno 5000 cantieri come ho letto da qualche parte ma sono fermamente convinto che potrà produrre un effetto assai positivo.
Naturalmente ero e resto convinto che il modello scelto a suo tempo per la ricostruzione 2016 fosse decisamente sbagliato: non mi interessa fare polemiche - ormai ampiamente fuori tempo e fuori luogo - ma mi resta ancora difficile comprendere il motivo per cui si è impostato un modello totalmente nuovo prendendo a prestito pezzi di meccanismi mutuati da altri modelli, tutti tranne quelli che, alla prova dei fatti, avevano dimostrato di funzionare in modo tutto sommato soddisfacente.
Valnerina 1979, Gubbio 1984, Umbria-Marche 1997, più altri eventi minori: io li ho più o meno vissuti tutti. Lasciatemelo dire con una punta di orgoglio e un pizzico di delusione: l'Umbria aveva insegnato a tutti come affrontare con successo la ricostruzione dopo i terremoti ed alcune importanti novità scaturirono da queste esperienze, il DURC, la congruità che oggi viene inalmente reintrodotta dal decreto-legge ’‘Semplificazioni’’, la ricostruzione integrata nascono in Umbria in un rapporto proficuo tra professionisti, associazionismo delle imprese, sindacati e istituzioni.
Aver abbandonato quelle esperienze per intraprenderne altre che non era dificile prevedere che non avrebbero funzionato è stato un errore di cui continueremo a pagare le conseguenze per lungo tempo.
Dopodiché mettere sulle spalle dei tecnici privati la responsabilità tramite autocertificazione di compiti e procedimenti che prima venivano svolti dalla p.a. - mi sia consentito - non è esattamente una semplificazione o quantomeno non la definirei tale: io posso autocertificare la mia data di nascita, il mio titolo di studio, ecc. ma quando si ha a che fare con procedimenti complessi come quelli edilizi, urbanistici, o ancor più quelli complicatissimi relativi alla determinazione di un contributo che li mette insieme un po’ tutti, le cose si possono complicare di parecchio e penso che quando verrà il momento di esercitare i controlli i problemi non mancheranno.
Ma, ripeto, questa era la sola cosa che si potesse fare in questo momento e va dato atto al Commissario di aver compiuto con intelligenza e coraggio la scelta migliore che, a mio giudizio, non mancherà di produrre apprezzabili risultati.
Relativamente alle opere pubbliche anche qui il salto di qualità è notevole. Rischioso, ma necessario. Io credo che il governo abbia fatto a sua volta la scelta giusta nell’elevare la soglia per le procedure negoziate portandola al limite della soglia comunitaria.
Però occorrerà fare molta attenzione: la scelta di introdurre disposizioni derogatorie al Codice dei contratti pubblici, ancorché per un periodo limitato, volte ad incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi e a far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, non è esente da un doppio insieme di rischi: quelli che potranno scaturire da un esercizio disinvolto ed arbitrario della norma (non a caso, associazioni di categoria come ANCE hanno espresso un giudizio alquanto preoccupato su modo in cui si procederà alla scelta degli operatori da invitare alle procedure negoziate); e quelli di segno opposto che caratterizzano un atteggiamento di natura “burocratico-difensiva" da parte degli enti afidatari e dai RUP i quali, per non incorrere in disavventure o alimentare sospetti, continueranno a ricorrere alla pratica aberrante del sorteggio che rappresenta la negazione dell’esercizio responsabile della discrezionalità amministrativa e della scelta motivata nella individuazione del futuro contraente.
A mio giudizio, non di rado principi come la concorrenza o la stessa trasparenza sono di gran lunga più garantiti da una scelta adeguatamente motivata ed argomentata, nell’ambito di una procedura negoziata, di quanto non accada spesso in talune procedure aperte o ristrette vincolate da criteri criptici ed eccessivamente selettivi che, solo in apparenza, garantiscono concorrenza e trasparenza nelle scelte limitando una più ampia partecipazione degli operatori.
Con le dovute e indispensabili cautele, io sono convinto che anche l'introduzione di questi nuovi meccanismi potranno risultare decisivi per sbloccare la realizzazione delle moltissime opere pubbliche ancora al palo perché i rischi cui si è fatto breve cenno possono essere in buona parte scongiurati attraverso l'impiego di alcuni specifici criteri ad uso delle centrali di committenza, che premino la capacità operativa, la dimensione organizzativa, il radicamento e l'impatto sul territorio delle imprese da invitare, in grado di orientare e supportare le scelte delle amministrazioni affidatarie.
La prevedibile ripresa del settore delle costruzioni e le criticità
Nei prossimi anni non è difficile pronosticare che il settore delle costruzioni potrà vivere una stagione di moderata ripresa. Le misure del governo, super-eco-sisma bonus, gli investimenti in infrastrutture, scuole, ospedali, difesa del suolo ecc. che a quanto si legge sarebbero oggetto delle iniziative del Governo per il rilancio del paese dopo la pandemia, possono contribuire a risollevate un settore che in questi anni ha attraversato momenti assai difficili.
In Umbria a tutto ciò si aggiunge la ricostruzione post sisma, potenzialmente il cantiere diffuso più grande del paese. Il settore delle costruzioni, purtroppo, si presenta a questo straordinario appuntamento in condizioni assai problematiche: le imprese migliori, quelle più strutturate e organizzate, sono in grandissima difficoltà quando non hanno già chiuso i battenti. Quelle sopravvissute per lo più del tipo "padre, figlio e carriola" non avranno forse la forza necessaria per affrontare la sfida.
Qui si apre un problema molto serio che chiama in causa il mondo del lavoro, le organizzazioni datoriali le stesse istituzioni. Occorre fare qualcosa da subito perché molte di queste imprese non saranno in condizioni di approfittare del momento decisamente favorevole per farsi trovare pronte e adeguatamente organizzate all'appuntamento. I primi segnali sono già piuttosto chiari: è bastato l'effetto annuncio delle misure governative su eco e sisma bonus al 110% e sono cominciate ad arrivare le prime commesse. Ma provate a chiedere ad una di loro se il mercato del lavoro è in grado di mettere a disposizione un lavoratore specializzato, un addetto alle macchine operatrici, o anche dei semplici operai. La risposta sarà negativa perché i nodi sono sempre gli stessi: la formazione, credito, procedure, ecc.
Occorre perciò fare qualcosa e mettersi subito al lavoro perché altrimenti l’opportunità di intravedere inalmente la via di uscita dal tunnel della crisi rischia di essere disattesa.
Dalla ricostruzione alla rigenerazione
È fin troppo evidente che la ricostruzione da sola non può bastare: avrà i suoi tempi, misurabili realisticamente in alcuni decenni. Ma i problemi che affliggono queste terre non iniziano ora. Spopolamento, invecchiamento della popolazione, desertificazione economica e produttiva caratterizzano l'intera fascia appenninica da ben prima del sisma 2016 o della pandemia.
Qualche mese fa, un ragazzo di Castelluccio che aveva insieme alla famiglia alcune attività danneggiate in modo irreversibile dal sisma mi ha spiegato in poche parole un concetto molto semplice: chi oggi ha vent’anni non può aspettarne nella migliore delle ipotesi almeno altri venti ed è costretto a costruire il suo futuro, cioè a realizzare il proprio progetto di vita, altrove.
E chiunque sa che perdere un imprenditore o semplicemente un giovane da queste parti è un fatto assai negativo. Ecco perché, come ha colto perfettamente la CGIL con questa iniziativa, l’attenzione dell'opinione pubblica e delle istituzioni, oltre che sulla ricostruzione, va concentrata sopratutto su quella definibile come "rigenerazione", cioè sulla necessità di ripristinare, per quanto possibile, le condizioni che consentano di riabitare questi luoghi.
Senza queste condizioni, la stessa ricostruzione non solo avrà difficoltà ad attuarsi, ma si potrà rivelare in gran parte inutile perché in quelle case non abiterà più nessuno.
Questa banale rilessione chiama in causa molte altre questioni tra le quali, ultima ma non per importanza, quella di come ad esempio cambieranno gli stili di vita delle persone, le propensioni al consumo dopo la pandemia. Tutto ciò modificherà in modo forse irreversibile alcune abitudini, stili di vita, modi di lavorare, forse alcune occupazioni scompariranno del tutto ma - questa è la sida - potranno anche nascere nuove domande, nuove opportunitàinora inespresse.
Qualche timido segnale forse lo si è intravisto già nella scorsa estate, ma occorrerà rilettere con molta attenzione su cosa fare nei prossimi mesi prefigurando ciò che potrà accadere nei prossimi anni: per capire come attrezzarsi per cogliere le nuove opportunità che potranno presentarsi piuttosto che immaginare nostalgicamente un ritorno al passato che non sarà mai più lo stesso di prima: in Italia, in Europa, nel mondo ed anche soprattutto in luoghi come questi che hanno vissuto calamità ed emergenze di varia natura rendendo questa sida particolarmente dificile ed impegnativa.
Si tratterà ad esempio di capire in che modo potranno essere impiegate le tante risorse straordinarie che certamente arriveranno e che non potrà ridursi al tirare fuori dal cassetto qualche vecchio progetto da spendere velocemente nella speranza ottenere un inanziamento.
Il lavoro da compiere - questo è almeno l'auspicio che mi sento di esprimere - non sarà certamente quello di compilare la lista della spesa, ma quello di costruire e mettere in campo una strategia complessiva che innanzitutto si interroghi su come affrontare in modo nuovo alcuni grandi temi: mobilità, sanità, servizi; quali filiere produttive sostenere o riavviare in una ipotetica economia agro-silvo-pastorale 2.0; quale turismo di qualità visto anche in chiave di prossimità (questo territorio presenta la più alta concentrazione di sport ed attivitàin natura: rafting, arrampicata, trekking, torrenting, pesca a mosca, foraging, deltaplano, parapendio, ecc. ); quale funzione e quali opportunità possono scaturire dai domini collettivi; certamente anche quali infrastrutture (completamento 3Valli e velocizzazione del collegamento verso corridoio adriatico, l'interconnessione delle ciclopiste esistenti con il sistema delle ciclovie nazionali adriatica e del Sole); e poi banda larga, 5G, formazione, lavoro a distanza, ecc.
In sintesi, ciò di cui si avverte il bisogno è innanzitutto definire una strategia integrata che partendo da chiari indirizzi nazionali si traduca in un vero e proprio Masterplan in grado di orientare le future scelte da compiere. Era questa una strada indicata dalla stessa legge regionale n.8 sulla ricostruzione: forse è il caso di riprenderla in mano adattandola alle numerose novità. Non nascondo che si tratta di una sfida difficile dove non serve accontentare un po’ tutti ma che per poter essere affrontata necessità della volontà e dell'ambizione di immaginare e ridisegnare il futuro di queste terre.
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