
Gli anziani in Italia sono il riflesso più autentico del nostro passato e, al tempo stesso, una cartina tornasole del futuro che stiamo costruendo.
Oggi, quasi un quarto della popolazione italiana ha più di 65 anni, tuttavia il dato che colpisce non riguarda solo l'invecchiamento demografico, ma anche la solitudine che spesso lo accompagna. Gli anziani che vivono da soli sono ormai quasi un terzo del totale, e molti di loro trascorrono intere settimane senza scambi significativi con altre persone. È un silenzio che pesa e si combina ad una povertà materiale da non sottovalutare: oltre il 6% degli over 65 vive in povertà assoluta, una percentuale che raddoppia tra le donne sole.
Nell’arco di venti anni, tra il 2004 e il 2024, l’età media della popolazione è aumentata da 42,3 a 46,6 anni; l’indice di vecchiaia ha raggiunto la quota di 199,8 persone over 65enni ogni cento persone di 0-14 anni, con un aumento di oltre 64 punti percentuali. I residenti di 65 anni e più sono invece aumentati di oltre 3 milioni, e oggi sono 14 milioni 358 mila (+ 5,1 punti percentuali rispetto al 2004). Di essi, oltre la metà ha almeno 75 anni: 7 milioni 439 mila, con un aumento di 3,8 punti percentuali in venti anni.
Se da un lato l’aumento della longevità costituisce un’importante conquista, dovuta al miglioramento delle condizioni di vita e ai progressi della medicina, dall’altro costituisce un processo da monitorare con attenzione e controbilanciare con politiche opportune e sistematiche e investimenti in ricerca e assistenza sanitaria.
In Umbria la questione assume un rilievo ancora maggiore considerando che quasi il 30% della popolazione è composta da over 65enni mentre circa quasi il 10% supera gli 80 anni. Dati che fanno esplodere ancora di più il problema della non autosufficienza, considerando che oltre due terzi della popolazione over 85 si trova in questa condizione e che le famiglie, ormai non più così numerose come in passato, faticano a far fronte a queste esigenze.
Le misure proposte dal Governo nella Manovra 2025 sembrano concepite più per placare la coscienza collettiva che per risolvere le problematiche strutturali. Il bonus anziani, con i suoi 850 euro al mese destinati a una fascia ristrettissima di over 80 non autosufficienti, è un esempio di come si cerchi di rattoppare un sistema che continua a ignorare le vere esigenze. Non si tiene conto, ad esempio, delle difficoltà che le famiglie affrontano nelle aree interne, dove i servizi di assistenza regolare sono spesso disomogenei se non inesistenti. Aree che invece potrebbero rappresentare laboratori su cui sperimentare nuovi modelli di erogazione delle prestazioni sanitarie e fornire anche valutazioni di impatto della popolazione coinvolta, ma per questo occorrono risorse e decisori politici solerti.

Anche l’aumento del 2% delle pensioni minime appare più come un gesto simbolico che come un reale supporto. Davanti a un’inflazione che ha penalizzato soprattutto le famiglie più povere: tra il 2014 e il 2023, la spesa equivalente delle famiglie è infatti diminuita nel complesso in termini reali del 5,8% , l’aumento di 1, 80 euro al mese rappresenta una beffa più che un aiuto. E mentre discutiamo di incrementi irrisori, il numero di anziani che rinunciano a una visita medica o a un farmaco essenziale continua a crescere.
La salute, diritto fondamentale riconosciuto e garantito dalla nostra Costituzione, diventa spesso un campo di battaglia. Le liste d’attesa sono interminabili, i servizi territoriali carenti, e chi può permetterselo si rifugia nel privato. Ma che ne è di chi non può? Con solo il 5% degli anziani che accede a servizi domiciliari, il nostro sistema appare lontano dai modelli virtuosi del Nord Europa, dove l’assistenza domiciliare integrata è una realtà consolidata.
Quello che manca nel nostro Paese, dove tuttavia esistono realtà virtuose capaci di integrare i bisogni delle fasce più vulnerabili e al tempo spesso promuovere modelli di coesione sociale, è un coordinamento nazionale che trasformi queste esperienze locali in modelli replicabili. Continuare a proporre misure emergenziali, significa ignorare la vera portata del problema. C’è bisogno di un sistema sanitario pubblico efficiente che potenzi il sistema delle prestazioni e dei sussidi, interventi strutturali per contrastare povertà e solitudine, insomma condizioni indispensabili per un Paese che voglia ritenersi all'altezza dei valori di civiltà.
Per la Redazione - Chiara Maria Sole Bravi
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