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L'alta velocità possibile

Aggiornamento: 10 giu 2023




Le recenti roventi polemiche innescate dalle ripetute prese di posizione assunte da autorevoli rappresentanti delle istituzioni dell’Umbria e della Toscana sulla (eventuale) futura localizzazione della stazione intermedia della linea AV tra Firenze e Roma, destano grande preoccupazione e gettano un velo di incertezza sull’esito di una vicenda della massima importanza. Se il paragone non sembri oltraggioso, presentano qualche analogia con l’episodio descritto da Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi quando narra del giovane Renzo che, nel recarsi dall’Avvocato Azzeccagarbugli, porta con sé quattro capponi per il compenso dei servizi resi, i quali, durante il tragitto, “s’ingegnavano a beccarsi l’uno con l’altro, come accade troppo sovente ai compagni di sventura”.


Non è certo compito di una Associazione come la nostra stabilire se, dove o come realizzare una futura stazione della rete AV. La complessità delle variabili di natura tecnica e trasportistica che possono condizionare una scelta di tale importanza, suggerisce a tutti la massima prudenza nell’avanzare proposte che alla prima sommaria verifica di ordine tecnico-economico possono cadere come pere mature. Quello che spetta a noi, come a ogni altra espressione della società civile, è esprimere con forza la volontà che una siffatta opera si possa concretamente realizzare. Nell’interesse dell’Umbria.

Tutti concordano sul fatto che l’Alta Velocità abbia effettivamente rappresentato la più importante innovazione nel sistema dei trasporti, dopo le autostrade realizzate negli anni ’60, in termini di miglioramento della mobilità ed anche in relazione agli effetti prodotti sul sistema economico. Uno studio pubblicato dal Sole 24 Ore ha calcolato che, nei primi 10 anni di esercizio, l’alta velocità ha contribuito ad aumentare del 6% il PIL dell’Italia in funzione della distanza e dei tempi di accesso alla rete AV. Ma nelle regioni in cui il PIL del 2008 è maggiore del PIL medio nazionale, per le province dotate di stazione AV dopo dieci anni è aumentato del 10% mentre si riduce al 3% per le province distanti più di due ore dalla stessa. Questi dati non possono lasciare indifferenti.


L’Umbria è una Regione che, per ragioni storiche risalenti addirittura ai primi anni dell’Italia post-unitaria, quando fu aperta la variante di tracciato fra le stazioni di Orte e Terontola che accorciava di quasi sessanta chilometri il collegamento tra Roma e Firenze, ha visto allontanare la possibilità di disporre di un servizio ferroviario accettabile per le lunghe percorrenze. La situazione, anche in termini di offerta di servizi, è addirittura peggiorata con la realizzazione della rete AV, che ha ricalcato praticamente lo stesso tracciato, ed anche per via delle scelte operate dalle imprese ferroviarie che si sono concentrate sui servizi a mercato nelle tratte meglio servite riducendo le frequenze di collegamento in tutte le altre tratte. Cambiamenti che hanno indebolito la connettività nelle aree deboli consolidando quella nelle aree più forti e provocando di fatto la separazione tra servizi ferroviari di serie “A” e quelli di serie “B”: ovvero la differenziazione tra chi può accedere alla rete AV e chi non potrà farlo accentuando ulteriormente gli squilibri, non solo in termini di offerta di servizi ferroviari, ma anche in termini economici.


Lo scenario prevedibile per i prossimi anni non promette nulla di buono. Nei collegamenti ferroviari verso sud, sembra ormai definitivamente tramontata l’ipotesi di finanziare gli interventi di velocizzazione della Orte-Falconara con i fondi del PNRR nell’ambito della classificazione nella cosiddetta Alta Velocità di Rete, avanzata dal Ministro Delrio, consistente nell’upgrade di alcune linee storiche. In quelli in direzione Nord, se viene meno la possibilità di ottenere un interscambio anticipato con la rete AV tra Umbria e Toscana, in luogo di quello attuale nel nodo di Firenze destinato peraltro a peggiorare con l’entrata in esercizio della nuova stazione Belfiore dove transiteranno solo i servizi AV, il quadro che ne deriva è a dir poco inquietante.


Soluzioni palliative, come quelle di dirottare servizi AV a mercato diretti a sud o a nord sulla Orte Falconara e sulla Foligno -Terontola, che richiedono la corresponsione di corrispettivi assai onerosi, sono sempre possibili, ma appartengono al libro dei sogni. Perché se la risposta del mercato non c’è, vengono soppressi in un batter d’occhio come è accaduto proprio in questi giorni con la fermata estiva del Frecciarossa di Chiusi. E come accadrebbe all’unico Frecciarossa da Perugia per Milano e Torino, nel momento in cui la Regione non fosse nelle condizioni di farsi carico della spesa che copre la differenza con i ricavi della bigliettazione.


Un meccanismo come quello sommariamente riassunto, può risultare assai indigesto ed iniquo se si considera che la rete AV è stata finanziata con i soldi di tutti gli italiani, e non solo con quelli che possono concretamente usufruire di questa offerta di servizi. Ma così è, e difficilmente è ipotizzabile un cambio di rotta delle politiche nazionali della mobilità, salvo tornare a quando le ferrovie italiane erano un pozzo senza fondo, prima di essere riformate.


Ed allora, per non fare la fine dei polli di Renzo, converrebbe a tutti portatori di interesse – Regioni e Province in testa - evitare di beccarsi a giorni alterni ricercando con saggezza una soluzione di compromesso che potrà non accontentare ciascuno del tutto, ma che può rappresentare l’alta velocità possibile, nelle condizioni date. Magari attendendo, possibilmente senza eccessivi squilli di tromba, le risultanze dello studio che il Ministro Salvini si è impegnato a fare prima di mettersi intorno ad un tavolo a discutere seriamente, dati alla mano. Perché, altrimenti, il rischio maggiore che si corre è quello che, per non scontentare nessuno, il Ministro decida di non fare nulla adducendo motivazioni di natura tecnica o economica che non sono impossibili da trovare. Questo film lo abbiamo già visto qualche anno fa e sappiamo come è andata a finire. Auguriamoci di non assistere alla seconda puntata.

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